Entrati in cattedrale, si accede alla basilica inferiore dalle scalinate all’innesto dei bracci del transetto: la scala di destra, più comoda ed agevole, fu costruita negli ultimi anni del XVI secolo, mentre la scala di sinistra ha conservato il primitivo assetto.
La basilica inferiore consiste in un vasto ambulacro culminante in un’absidiola ad emiciclo. Sedici colonne, alcune delle quali di epoca romana, formano le navatelle e il tiburio sovrastante l’altare.
Una di esse è un’antica colonna miliare della consolare Salaria che attraversava la città formandone il cardo (l’attuale via Roma, già via di Ponte) ed il decumano maggiore (l’attuale via Garibaldi, già via di Regno).
Sul finire del XVI secolo, il marmoraro toscano Cristoforo Ducci realizzò il monumento funebre di Pietro Capelletti, canonico della Cattedrale.
Nel pavimento antistante all’altare è deposta una lastra centrale di marmo rosso antico incorniciata da un motivo a girali di foglie d’acanto, delimitata da riquadri in cui sono inclusi, nella fascia superiore, i simboli funerari di teschi e tibie decussate, nella fascia inferiore l’iscrizione è affiancata dallo stemma del casato gentilizio reatino.
Nel 1606, la cripta fu assegnata dal vescovo francescano Gaspare Pasquali alla Venerabile Compagnia delle Stimmate di San Francesco, istituita l’anno precedente perché assolvesse al pietoso compito dell’assistenza ai moribondi e dell’ufficio di sepoltura in cattedrale.
La Compagnia era costituita dall’ordinario titolare e da dodici membri, ad imitazione dei dodici apostoli e dei dodici compagni di San Francesco, scelti fra i sacerdoti del Capitolo della cattedrale che durante le funzioni erano tenuti a vestire il sacco ed il cappuccio utile a garantire loro l’anonimato, stante la delicatezza e la gratuità dell’opera che erano chiamati ad assolvere.
Nel 1635, il giovane, dotto canonico della cattedrale Pompeo Angelotti pubblicando la sua Descrittione della città di Rieti dedicata al cardinale Giovanni Francesco dei conti Guidi di Bagno, in occasione del suo ingresso in diocesi enumera le numerose, preziose reliquie custodite presso la basilica e parla del ruolo assolto dalla Compagnia: l’altare maggiore della cattedrale di Rieti conservava da tempo immemorabile «il preziosissimo tesoro del Corpo di S. Barbara Vergine e Martire, antica protettrice di Rieti. Questo vergineo deposito, essendo in essa ne’ tempi andati miracolosamente portato, com’attestano gli atti di detta Chiesa; fu dal gran Pontefice Honorio III sotto il predetto Altare ornatamente riposto, insieme, con li corpi di S. Giuliana Vergin’e Martire Sorella sua di latte, e di S. Probo, antico Vescovo di Rieti, con una parte del Corpo di S. Dionigi padre di S. Pancratio Martire, parte del Corpo di S. Cornelio, & un braccio di S. Vittorino fratello di S. Severino Martire: Essendovi per prima riposte le reliquie de’ Santi Hermete, Giacinto, e Massimo Martiri […] & altre collocate sopra la volta della Grotta, ch’è sotto la Croce della detta Chiesa, al presente dedicata alle Sacre Stimmate del Serafico Padre S. Francesco, con una Confraternità, che sotto lo Stendardo di quelle Celesti Piaghe devotamente milita. Qui, mentre regnava l’idolatria, fu il Tempio di Priapo; Non lascerò d’annoverar’ alcune altre reliquie delle molte ch’a vista di tutti ne’ Reliquiari d’Argento si conservano: tra le quali è un braccio di S. Andrea Apostolo che con perpetuo miracolo fa gomma; La testa di S. Balduino Reatino, Abbate del Monasterio di S. Pastore, il cui Corpo nella medesima Chiesa si conserva: un Cappuccio di S. Francesco d’Assisi: e parte de’ Corpi di S. Eleutherio, & Antia Martiri».
Lo stesso Loreto Mattei, erudito traduttore dei salmi davidici e dei classici latini, appartenente per cultura a quel rango d’intellettuali organici alla Chiesa della Controriforma che di frequente amarono svolgere in parallelo alla loro attività ufficiale una sorta di lettura critica della società e dei costumi dei tempi loro, ricorrendo di buon grado alle forme vernacolari della poesia giocosa e burlesca, nel 1699 è annoverato fra i membri della confraternita delle Stimmate di San Francesco insieme con uno dei figli, il canonico Pier Zaccaria.
Istituita agli inizi fra i soli Canonici della Cattedrale, la congregazione aveva infatti adottato nel corso del XVII secolo lo statuto dell’omonima compagnia romana accogliendo fra i suoi affiliati, sia pur con mansioni distinte, tanto i laici che le donne.
L’organigramma della confraternita, ai cui vertici accedevano unicamente gli uomini, era costituito da un Primicerio, un Guardiano, un Vicario, un Primo Assistente, un Secondo Assistente, un Maestro dei novizi, due Provveditori di Chiesa, due Provveditori dei Morti, due Sagrestani Maggiori, due Sagrestani Minori, due Infermieri, due Segretari, due Pacieri, due Cantori, a cui si aggiungevano i Revisori dei conti.
La Venerabile Compagnia si avvaleva a Roma della tutela di un Cardinale Protettore, a cui si offrivano regalie in segno di gratitudine per il suo operato.
I postulanti erano ammessi dopo una lunga e rigorosa preparazione, uno scrupoloso esame, l’unanime risultato di uno scrutino segreto dal quale erano esclusi i consanguinei.
I confratelli più poveri avevano di frequente difficoltà a dotarsi di sacchi nuovi e decorosi.
Per sopperire alla bisogna, venivano promosse questue per provvedere la Compagnia di nuovi sacchi.
In alternativa, si deliberava di rifiutare l’aggregazione dei nuovi fratelli «se non sono provisti del proprio decente sacco».
Nel corso del Seicento, la Compagnia era tenuta a svolgere regolarmente svariate funzioni: ogni venerdì un Cappuccino proponeva edificanti letture e pronunciava «li sermoni per la buona morte», durante il Carnevale provvedeva all’esposizione del SS.mo Sacramento, partecipava alle processioni ed alle cerimonie pubbliche, gestiva le elemosine ed il ricavato della «cerca per la città» per provvedere al riassetto della sede ed al rifacimento dei sacchi, alla dotazione del mobilio, ai necessari lavori di manutenzione della Grotta, le cui spese erano abitualmente condivise con il Capitolo.
Nel 1607, le pareti della basilica inferiore furono decorate con una serie di Storie Francescane dal leonessano Gioacchino Colantoni, rimosse negli anni Venti del Novecento, quando per il drastico giudizio condiviso da Francesco Palmegiani ed Angelo Sacchetti Sassetti si decise il riassetto dell’aula secondo le primitive forme romaniche.
Il recente, impegnativo intervento di consolidamento e restauro intrapreso nel 2009 dal vescovo Delio Lucarelli, nella ricorrenza del nono centenario dalla fondazione, ha restituito la basilica inferiore agli originari cromatismi, che alternano con efficacia il rosso del laterizio al nitore della pietra e del marmo.