Il catino absidale

Nel 1828 la decorazione dell’ampio catino absidale fu affidata dal Capitolo della Cattedrale al giovane artista neoclassico Pietro Paoletti.

Nato a Belluno il 24 settembre 1801, giovinetto era stato avviato all’arte del disegno dal padre Luigi, un modesto artigiano che si dilettava di pittura.

Il precoce talento del ragazzo, apprezzato dal conte Filippo Agosti e da Paolo de Filippi, aveva presto indotto i genitori ad affrontare ogni sacrificio economico per affidarlo all’insegnamento privato di Antonio Federici, professore di Disegno ed ornato.

Le prime avvisaglie del «mal di petto» che segnò la vita dell’artista costrinsero il giovane ad interrompere gli studi al secondo anno di corso.

Lusinghieri premi incoraggiarono il giovane a proseguire gli studi dapprima a Padova, presso lo studio del pittore neoclassico Giovanni De Min, poi a Venezia all’Accademia di Belle Arti.

Dal gennaio 1821, Pietro Paoletti riprese a frequentare lo studio di Giovanni De Min intraprendendo l’attività autonoma di decoratore e restauratore con l’incarico di ritoccare e consolidare gli affreschi della cappella del palazzo vescovile di Padova, opera del Montagnana.

Durante il 1824, eseguì alcune opere di pittura e scultura a Padova e a Treviso.

Nel 1826, ottenne il primo impegnativo lavoro ad Agordo, presso la dimora del nobiluomo Giovanni Antonio de’ Manzoni, per il quale affrescò le stanze del piano nobile prendendo spunto dalla storia e dall’epica rinascimentale.

Nella primavera nel 1827, Pietro Paoletti intraprese il viaggio che si sarebbe rivelato determinante tanto per la carriera artistica quanto per la vita privata.

Insieme con il maestro De Min, partì alla volta di Roma, passando per Bologna e Firenze e compiendo una lunga deviazione per Napoli: il ventiseienne artista bellunese compì una straordinaria esperienza formativa, che gli aprì le porte della Curia romana e dell’aristocrazia dello Stato Pontificio. A Roma, per i Torlonia si occupò dell’allestimento del Teatro Apollo a Tordinona, a L’Aquila realizzò un affresco celebrativo nel palazzo dell’Intendente, a Napoli affrescò le pareti del Tempio di San Francesco.

Nel 1828, Pietro Paoletti giunse a Rieti dove ottenne importanti, prestigiosi incarichi decorando le stanze del palazzo dei conti Ricci, restaurando i dipinti di Ascanio e Vincenzo Manenti nella cappella del SS.mo Sacramento in Cattedrale e il Giudizio Universale dei fratelli Torresani nell’Oratorio di San Pietro Martire.

Ma il lavoro più gratificante ed impegnativo fu la decorazione dell’abside della basilica di Santa Maria.

Angelo Sacchetti Sassetti descrive così l’andamento dei lavori: «Giovanni Pileri, nel 1827, dipinse nella volta dell’abside l’Assunta e Luigi Bracchi decorò a finto marmo le paraste che ne dividono le pareti. Se non che, venuto a Rieti, nel 1828, il giovane pittore Pietro Paoletti da Belluno assunse sopra di sé l’impresa di istoriare tutto il luogo. Prima rifece la pittura della volta; poi, nel 1829, ritrasse a fresco, nei sei quadri già preparati, le maggiori Festività della Vergine».

Della decorazione proposta da Pietro Paoletti al Capitolo della Cattedrale per la rinnovata abside rimane, oltre alle pitture parietali a tutt’oggi ben conservate, un’importante documentazione, parte integrante dell’esposizione permanente della Pinacoteca Diocesana.

Si tratta della serie di cinque bozzetti preparatori a tratto di penna e di uno schizzo acquerellato, datati al 1828 e firmati dall’artista che s’impegnò a completare l’opera entro quindici mesi dall’incarico.

Sicuri nell’esecuzione, originali e vivaci nella composizione, i bozzetti risultano gradevoli, raffinati, dotati di efficacia narrativa a tratti superiore rispetto alla decorazione a fresco che entro il 1829 rivestì le vaste pareti del catino absidale, entro il quale fu ricollocato il coro ligneo, ampliato e arricchito di nuovi stalli.