L’altare maggiore

L’altare maggiore risale all’episcopato di monsignor Saverio Ermenegildo Marini, il nobile pesarese che resse la diocesi reatina dal 1779 ed il 1813.

Il violento terremoto abbattutosi sull’Umbria meridionale il 9 ottobre 1785 aveva prodotto danni ingenti e irrisarcibili lacune nella muratura del catino absidale.

Il vescovo Marini stabilì dunque il rifacimento dell’abside ed il riassetto dell’altare maggiore, ricollocandovi le reliquie di Santa Giuliana e della patrona Santa Barbara di Nicomedia.

Così l’erudito locale Angelo Sacchetti Sassetti illustrava la deliberazione: «Il terremoto del 1785 che gravemente danneggiò, in Rieti, edifici pubblici e privati, fu la causa occasionale della grande e costosa opera, alla quale, appena raccolti i mezzi, si pose subito mano. Il Capitolo, dovendo restaurare qua e là la cattedrale, rese più sfogata e luminosa l’abside col farne alzare i muri perimetrali e col coprirla di soffitta stoiata».

Per la realizzazione del nuovo altare, monsignor Marini si rivolse al conterraneo Tommaso Bicciagli, allievo e collaboratore di Giannandrea Lazzarini, che assunse la direzione dei lavori affidati al capomastro reatino Nicola Bernasconi.

Le reliquie riposte sotto l’antica mensa furono rimosse e sottoposte ad un’attenta ricognizione prima di essere solennemente ricollocate sotto il nuovo altare, consacrato dal vescovo Marini il 27 aprile 1806.

Il lanternino e la cupola ideati dall’architetto Bicciagli furono decorati dal pittore Carlo Angelini Paolucci: per entrambi gli artisti marchigiani, si trattò dell’ultimo capolavoro.

Nel 1818, fu completato il riassetto del presbiterio mediante la realizzazione della balaustra affidata alla bottega del marmoraro romano Manzolini.