La cappella di San Rocco

Dopo che nel 1474 gli Statuti dei Consoli delle Arti avevano sancito la costituzione dell’Ars Muratorum, i Maestri lombardi fondarono la confraternita intitolata a San Rocco, il Santo pellegrino patrono degli appestati e dei forestieri, e nel 1503 acquisirono la titolarità di una cappella nella navata destra della cattedrale.

Il Capitolo della Cattedrale pretese che la cappella fosse costruita entro il termine di tre anni, «pulchram et insignem», del pari di quella esistente presso la chiesa romana di San Lorenzo in Damaso.

I maestri lombardi avevano stabilito che annualmente i Consoli delle Arti avrebbero presentato al Capitolo della Cattedrale il rendiconto delle elemosine raccolte, destinandole in parte all’assistenza materiale dei muratori infermi, in parte all’abbellimento della cappella.

L’impresa ebbe successo, tanto che nel 1535 i maestri lombardi costruirono a proprie spese in Porta Romana di sopra l’ ospedale intitolato a San Rocco.

Del primitivo allestimento della cappella rimane, oltre alla descrizione del Visitatore Apostolico soltanto la bella statua lignea che raffigura il Santo con i suoi emblemi parlanti, il mantello e il baculo del viandante, la gamba sinistra flessa.

Parte integrante del manufatto era anche il cane, fedele compagno e soccorritore del Santo, che in una vecchia immagine del Gabinetto Fotografico Nazionale compare sul basamento: intorno alla metà del secolo scorso, il cane è andato perduto, insieme ad una tela laterale di cui il Sacchetti Sassetti raccoglie la notizia che fu «data (così si dice) molti anni or sono a restaurare, non fu mai restituita».

È ancora lo storico reatino a lamentare che per conferire al bel manufatto plastico «l’aspetto di marmo, fu data sconsigliatamente, non sono molti anni, una mano di biacca»: a questo danno fu dato opportuno rimedio mediante un’attenta operazione di restauro.

Ai restauratori Cecilia Gugliandolo e Ihab Samy Nasseralla si deve l’ intervento di consolidamento e recupero delle originali policromie degli stucchi nonché del restauro di una parte saliente dell’originale decorazione pittorica secentesca realizzato tra il 2005 e il 2006.

Compiute con pazienza e perizia le operazioni di consolidamento, pulitura e descialbo, risarcite per quanto possibile le lacune, si è reso possibile il recupero degli affreschi raffiguranti gli Evangelisti e le Storie di San Rocco.

Nei quattro pennacchi trapezoidali che sostengono l’innesto della cupola, le armoniose cornici mistilinee ornate da volute su cui sporgono deliziose testine di cherubini impaginano le immagini dei quattro Evangelisti, convenzionalmente ritratti da Vincenzo Manenti con i loro emblemi parlanti.

La cupola ellittica della cappella di San Rocco è arricchita da una elegante partitura in stucco: le fasce a rilievo scandiscono quattro spicchi, proponendo gli elementi di un apparato iconografico che ai nastri, ai volti dei cherubini, ai serti di frutti più usuali unisce i segnacoli che meglio si addicono a San Rocco, la conchiglia ed il cappello del pellegrino.

All’interno di quattro cornici ovali, modellate specularmente con ghirlande di fiori e valve di conchiglie, Vincenzo Manenti include le Storie del Santo, portando ad efficace sintesi gli episodi salienti della sua Vita, così come viene narrata dalle fonti agiografiche: la visita ai malati, la cura delle piaghe, il digiuno penitenziale nel deserto, l’elemosina di San Rocco.