Nel 1501, il canonico Amico Stabili da Norcia ottenne il giuspatronato sulla cappella dell’Immacolata Concezione, incaricando dell’allestimento il maestro Paolo di Giacomo da Montereale.
Quando, nel 1648, il Comune di Rieti ricevette l’eredità Petrollini a condizione che il cospicuo fondo fosse destinato ad erigere in cattedrale una nuova cappella per la Santa patrona, si provvide alla nomina di una commissione composta da Angelo Alemanni, Pier Carlo Cappelletti, Loreto Mattei, incaricata di individuare il luogo più adatto.
La scelta cadde sulla cappella gentilizia che gli eredi Stabili cedettero volentieri, a condizione che fosse confermato il loro diritto alla sepoltura in cattedrale e nel nuovo allestimento fosse dato spazio alla memoria dell’antico titolo.
Ceduta la cappella al Comune, il canonico Fabrizio Aligeri consegnò con atto pubblico la proprietà della cappella al gonfaloniere Loreto Mattei e ai deputati per la fabbrica Angelo Alemanni, Muzio Cappelletti, Pietro Carlo Cappelletti, Paolo Severi, Francesco Sisti, Pietro Vecchiarelli, Pompeo Vecchiarelli.
L’incarico di progettazione, inizialmente affidato allo scandrigliese Pietro Vanni, fu poi conferito al romano Giovan Pietro Moraldi, nonostante che il primo architetto si fosse già messo all’opera provvedendosi dei materiali necessari.
Anche Moraldi fu sollecito del dare avvio al suo lavoro: già nel mese di ottobre, infatti, era in grado di proporre alla Congregazione tre diverse soluzioni architettoniche su cui poter orientare la scelta.
Ma nell’estate 1652, per iniziativa di Odoardo Vecchiarelli fu sollecitato l’intervento del celeberrimo Gian Lorenzo Bernini, i cui legami con Rieti erano consolidati dalla presenza presso il monastero delle Clarisse di Santa Lucia delle nipoti suor Maria Angelica, suor Anna Maria, suor Giovanna Lorenza – al secolo, Caterina, Orsola e Dorotea Salvietti – a cui si sarebbe aggiunta nel 1701 la pronipote Dorotea Caterina Bernini.
Il 12 luglio, la Congregazione approvò il progetto della pianta e propose al Bernini di completare il bozzetto prevedendo l’allestimento di un altare con la statua della Santa e la decorazione completa della cappella.
Nell’estate 1653, con una solenne cerimonia fu benedetta la posa della prima pietra, alla presenza del vescovo Giorgio Bolognetti e delle più alte cariche del governo centrale e periferico.
I lavori di muratura iniziarono celermente, avvicendandosi i capomastri Giovanni Maria Tavvisi e Bernardino Raggi, tanto da essere completati nel settembre 1654.
Intanto, la Congregazione approvava il disegno berniniano per la realizzazione della statua, scolpita in marmo di Carrara per la somma di centocinquanta scudi da Giovanni Antonio Mari.
La bella statua muliebre reinterpreta la passio della martire, morta per mano del padre Dioscoro al tempo dell’imperatore Massimino Trace, raffigurando la giovanetta come una signora del fuoco.
L’armoniosa figura flette morbidamente la gamba destra ed il busto, avvolto nel delicato panneggio delle vesti, ruota il capo culminando nel gesto che reca in alto la fiaccola stretta nella mano destra, mentre la sinistra poggia sul fianco la palma, simbolo del suo martirio.
Nel settembre 1657, trasportata su chiatte con un viaggio di tre giorni, la statua giunse intatta a Rieti e poté essere collocata nella nicchia dell’altare.
Le pitture ispirate al martirio di Santa Barbara destinate alle pareti laterali furono richieste ad Antonio Gherardi, il quale nel 1669 consegnò la prima tela, apprezzata ma non sufficientemente retribuita dalla Congregazione che si rivolse dunque a Carlo Cesi per la realizzazione delle due rimanenti tele ed al beneficiato don Pietro Revecci per il completamento del progetto decorativo della cappella, comprendente la pittura a fresco delle lunette e del cupolino.
Le tele di Gherardi e Cesi, gli affreschi di don Pietro Revecci furono dispersi durante i lavori di riallestimento della cappella, intrapresi nel corso del Settecento, quando Giovanni Antonio Perfetti modificò l’assetto della cappella.
Tra il 1714 e il 1718, Lorenzo Ottoni eseguì per centocinquanta scudi ciascuna le quattro statue raffiguranti San Francesco d’Assisi (1714), San Prosdocimo fondatore della Chiesa reatina (1716), San Nicola di Bari (1717) e la mistica domenicana Colomba da Rieti (1717) da collocare nei nicchioni d’angolo previsti dal progetto del vestibolo, nel cui pavimento fu realizzato in mosaico veneziano lo stemma civico di Rieti, con il suo fastoso emblema che associa il mito alla storia mediante le figure della fondatrice Rea Silvia e del cavaliere romano M. Curio Dentato, autore della bonifica del lacus Velinus.
Tra il 1725 e il 1728, si onorò finalmente la richiesta degli antichi beneficiari della cappella con la realizzazione da parte dello scultore di un raffinato ovale ad altorilievo dedicato all’Immacolata Concezione.
Si tratta dell’ultima opera compiuta dall’anziano, apprezzato artista romano ormai ridotto pressoché alla cecità.
La decorazione pittorica del cupolino fu affidata a Giovanni Odazi, mentre i pennacchi della cupola in cui furono incluse le quattro Virtù cardinali e i quadri laterali raffiguranti il martirio e la morte della Santa furono eseguiti dal cavalier Antonio Concioli, che vi svolse il tema drammatico affidatogli con il suo consueto stile narrativo, piano e gradevole, ricco di suggestivi dettagli, affollato di personaggi.
La cappella poté essere solennemente consacrata dal vescovo Saverio Ermenegildo Marini il 4 dicembre 1800.